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120 - DIVISIONE DEL LAVORO E SOCIETÀ

Da “Socialismo”, di Ludwig von Mises, 1922, pag.323-324


La divisione del lavoro è un principio fondamentale di ogni forma di esistenza.

Essa è stata dapprima scoperta nella sfera della vita sociale, allorché gli economisti ne hanno sottolineato il significato nell’attività economica.

In seguito, su originaria indicazione di Milne Edwards, è stata introdotta in biologia.

Il fatto però che essa possa essere ritenuta come una legge generale non ci deve impedire di riconoscere le cruciali differenze tra la divisione del lavoro nell’organismo animale e vegetale e quella che si svolge nella vita sociale degli esseri umani.

Quali che siano le cose che possiamo pensare sull’origine, l’evoluzione e il significato della divisione del lavoro in campo fisiologico, ciò chiaramente non getta alcuna luce sulla natura della divisione sociale del lavoro.

Il processo che differenzia e integra cellule organiche omogenee è totalmente diverso da quello che conduce alla crescita della società umana a partire da minuti gruppi di individui autosufficienti.

In questo secondo caso, la ragione e la volontà giocano un ruolo nella formazione dell’unione, fanno sì che unità precedentemente indipendenti diano vita a un’unità più grande e diventino parte del tutto; nel primo dei due processi l’intervento di tali forze è invece inconcepibile.

Anche dove creature come le formiche e le api si riuniscono in comunità animali, tutti i movimenti e cambiamenti hanno luogo istintivamente e inconsciamente.

L’istinto può pure avere operato molto bene nel momento iniziale e nei primi stadi della formazione sociale.

Quando appare come creatura capace di intendere e di volere, l’uomo è già membro del corpo sociale, perché l’uomo che pensa non è concepibile come individuo solitario.

“Solo fra gli uomini l’uomo diviene uomo” (Fichte).

Lo sviluppo della ragione umana e quello della società umana costituiscono un unico e solo processo.

Ogni crescita ulteriore dei rapporti sociali è un’esclusiva questione di volontà.

La società è il prodotto del pensiero e della volontà.

Non esiste al di fuori di questi.

La sua esistenza si trova dentro l’uomo e non nel mondo esterno.

Essa è proiettata dall’interno verso l’esterno.

La società è cooperazione; è una comunità in azione.

Dire che la società è un organismo significa che la società è divisione del lavoro.

Per rendere giustizia a quest’idea, dobbiamo prendere in considerazione tutti gli scopi che gli uomini si propongono e i mezzi tramite cui tali scopi vengono perseguiti.

La divisione del lavoro abbraccia ogni interazione posta in essere da individui capaci di pensare e di volere.

L’uomo moderno non è un essere sociale solo come individuo i cui bisogni materiali non possono essere soddisfatti in condizioni di isolamento, ma anche come creatura la cui ragione e le cui facoltà percettive non si sarebbero potute sviluppare al di fuori della società.

Come essere isolato, l’uomo è inconcepibile, perché l’umanità esiste solo come fenomeno sociale, e l’umanità ha superato lo stadio dell’animalità solo in quanto la cooperazione ha sviluppato i rapporti sociali tra gli individui.

L’evoluzione dall’animale all’essere umano è stata possibile, ed è stata conseguita, attraverso la cooperazione sociale, e solo tramite essa.

Sta proprio in ciò il significato dell’espressione di Aristotele, secondo cui l’uomo è zoòn politikòn.

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