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23 - CRITICA DELLA CONCEZIONE OLISTICA E METAFISICA DELLA SOCIETÀ

Aggiornamento: 26 ago 2020

CRITICA DELLA CONCEZIONE OLISTICA E METAFISICA DELLA SOCIETÀ

da "L'Azione Umana" di Ludwig von Mises, 1949, pag. 190 - 192


La funzione storica della teoria della divisione del lavoro, come elaborata dall'economia politica britannica da Hume a Ricardo, consiste nella completa demolizione di tutte le dottrine metafisiche sull'origine e lo svolgimento della cooperazione sociale.

Essa ha realizzato l'emancipazione spirituale, morale e intellettuale dell'umanità, inaugurata dalla filosofia degli epicurei.

Ha sostituito l'etica eteronoma e intuizionistica dei tempi passati con una morale razionale e autonoma.

Leggi e legalità, codice morale e istituzioni sociali non sono più riveriti come imperscrutabili decreti del cielo.

Sono di origine umana e l'unico criterio in base a cui possono essere giudicati è la loro utilità rispetto al benessere umano.

Gli economisti utilitaristi non dicono: " Fiat justitia, pereat mundus"; essi dicono: " Fiat justitia, ne pereat mundus".

Non chiedono all'uomo di rinunciare al proprio benessere a beneficio della società.

Gli suggeriscono di riconoscere quali siano i suoi interessi rettamente intesi.

La magnificenza di Dio non sta negli affaccendati interventi a favore dei diversi interessi dei principi e dei politici, ma nell'aver dotato le sue creature di ragione e della spinta a perseguire la felicità.

Il problema primario di ogni filosofia sociale di tipo universalistico, collettivistico e olistico consiste nello stabilire come sia possibile riconoscere la vera legge, la parola dell'autentico Apostolo di Dio e l'autorità legittima.

Molti sostengono che sia la provvidenza a inviare i suoi rappresentanti; ma ogni profeta predica un diverso Vangelo.

Il credente fedele non ha alcun dubbio; egli è pienamente sicuro di aver abbracciato la sola vera dottrina.

È tuttavia proprio la fermezza di tale credenza a rendere gli antagonismi inconciliabili.

Ciascun partito è pronto a far prevalere i propri dogmi.

Poiché però l'argomentazione logica non può decidere fra le diverse credenze in lotta, non c'è alcun mezzo, all'infuori del conflitto armato, per definire tali dispute.

Fino a quando gli avversari non vengono distrutti o sottomessi, le dottrine sociali che non siano di tipo razionalistico, utilitaristico e liberale devono generare guerre e guerre civili.

La storia delle grandi religioni del mondo è un elenco di battaglie e di guerre, come lo é la storia del socialismo, della statolatria e del nazionalismo, contraffatte religioni dei nostri giorni.

L'intolleranza e la propaganda affermate con la lama del boia e del soldato sono proprie di ogni sistema di etica eteronoma.

Le leggi di Dio o del destino pretendono validità universale.

E tutti gli uomini devono obbedienza alle autorità dichiarate legittime.

Finché è rimasto intatto il prestigio dei codici eteronomi della moralità e del loro corollario filosofico, il realismo concettuale, non si è potuto porre la questione della tolleranza e di una pace durevole.

Ogni volta che il combattimento cessava, c'era solo da raccogliere nuove forze per proseguire la lotta.

L'idea di tollerare i punti di vista dei dissidenti ha potuto mettere radici soltanto quando le dottrine liberali hanno rotto l'incantesimo dell'universalismo.

Alla luce della filosofia utilitaristica, società e Stato non appaiono più come istituzioni finalizzate al mantenimento di un ordine mondiale che, per considerazioni nascoste alla mente umana, sebbene manifestamente contrario agli interessi terreni di molti o addirittura dell'immensa maggioranza dei viventi, piace alla divinità.

Società e stato sono al contrario i mezzi primari attraverso cui tutti cerchiamo di raggiungere i fini a cui per nostra decisione aspiriamo.

Essi sono stati creati degli sforzi umani e il loro mantenimento e la loro più adatta organizzazione non sono un compito essenzialmente diverso dagli altri compiti di cui si fa carico l'azione umana.

I sostenitori della moralità eteronoma e della dottrina collettivistica non possono sperare di dimostrare con la ragione la correttezza del loro particolare tipo di principi etici, la superiore ed esclusiva legittimità del loro ideale sociale.

Essi sono costretti a chiedere ai cittadini di accettare con credulità il loro sistema ideologico e di arrendersi all'autorità che considerano giusta; si impegnano inoltre a tacitare i dissidenti o a sottometterli.




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