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124 - LA TEORIA DEL VALORE

Da “Principi fondamentali di economia”, di Carl Menger, 1871, pag.121-123


Quando il fabbisogno di un bene, entro un periodo di tempo cui si estende la previdente attività degli uomini, è maggiore della quantità loro disponibile in quello stesso periodo, gli uomini, nell’aspirazione a soddisfare i propri bisogni nella maniera più completa possibile nelle circostanze date, avvertono l’impulso, rispetto al bene considerato, a quell’attività che abbiamo illustrato e definito come la loro economia.

Ma la consapevolezza di questo rapporto favorisce ancora il sorgere di un altro fenomeno, ossia il valore dei beni, la cui più profonda conoscenza è di importanza fondamentale per la nostra scienza.

Infatti, se il fabbisogno di un bene è maggiore della quantità disponibile, è chiaro che, dovendo una parte del relativo bisogno restare insoddisfatta, la quantità disponibile del bene in questione non può essere diminuita della più piccola e insignificante quantità parziale, senza che un qualsiasi bisogno per il quale si poteva finora provvedere non possa più essere soddisfatto , o lo possa soltanto in misura minore di quanto sarebbe stato possibile se ciò non fosse accaduto.

Nel caso di beni sottoposti a tale rapporto quantitativo la soddisfazione di un qualsiasi bisogno umano dipende, pertanto, dalla disponibilità su ogni quantità concreta ancora praticamente degna di attenzione.

Ora, se gli uomini economici diventano consapevoli di questo fatto, se cioè riconoscono che la soddisfazione dei loro bisogni, ovvero la sua maggiore o minore completezza, dipende dalla disponibilità di ogni quantità parziale dei beni in esame, oppure da ogni bene concreto sottoposto a quel rapporto quantitativo, tali beni acquistano quell’importanza che definiamo valore.

Pertanto, il valore è l’importanza che beni concreti, o concrete quantità parziali di essi, acquistano per noi in quanto siamo consapevoli di dipendere dalla loro disponibilità nel soddisfare i nostri bisogni.

Di conseguenza, il fenomeno che definiamo “valore dei beni“ scaturisce dalla stessa fonte di quello del carattere economico dei beni, ossia dal rapporto fra fabbisogno e quantità disponibili di beni in precedenza illustrato.

Ma la differenza fra i due fenomeni sta nel fatto che la consapevolezza di quel rapporto quantitativo da un lato stimola la nostra previdente attività, e quindi i beni che stanno in questo rapporto divengono oggetti della nostra economia (ossia beni economici), mentre dall’altro essa ci fa comprendere anche l’importanza per la nostra vita e per il nostro benessere della disponibilità su ogni concreta quantità parziale della massa totale di beni, e dunque i beni sottoposti a quel rapporto acquistano per noi valore.

Diviene così anche chiaro perché soltanto i beni economici abbiano per noi valore, mentre i beni sottoposti al rapporto quantitativo che ne fonda il carattere non economico non possono acquisire per noi proprio nessun valore.

Il rapporto che fonda il carattere non economico dei beni consiste nel fatto che il fabbisogno dei relativi beni è minore della quantità disponibile.

Perciò, si danno sempre quantità parziale di beni non economici cui non si contrappone alcun bisogno umano da soddisfare, e che pertanto possono perdere la loro qualità di beni senza che venga in qualche modo compromessa la soddisfazione di bisogni umani .

Dalla nostra disponibilità su beni concreti che non hanno alcun carattere economico non dipende alcuna soddisfazione di bisogni, e così accade che quantità concrete di beni sottoposti a quel rapporto (ossia beni non economici) non abbiano per noi neanche valore.

Se l’abitante di una foresta vergine ha a disposizione alcune centinaia di migliaia di tronchi d’albero, mentre necessita soltanto di una ventina di tronchi per coprire completamente il suo fabbisogno annuale di legno, egli non si sentirà affatto danneggiato nella soddisfazione dei propri bisogni nell’eventualità che un incendio distrugga migliaia di tronchi, in quanto egli rimane nella condizione di poter come prima soddisfare completamente i suoi bisogni con il resto.

In questo caso, perciò, la soddisfazione dei suoi bisogni non dipende dalla disponibilità su un singolo tronco d’albero, che non ha perciò alcun valore per lui.

Ma se nella foresta si trovassero anche dieci alberi da frutto selvatici, i cui frutti vengono consumati da quel soggetto, e se il rapporto fosse tale che la quantità disponibile di frutti non fosse maggiore del suo fabbisogno, nessuno di questi alberi potrebbe andare in rovina senza che egli soffrisse di conseguenza la fame, o comunque senza che egli potesse soddisfare il proprio bisogno di frutta nella misura precedente; ognuno di questi alberi avrebbe dunque per lui un valore.

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