DEPRESSIONI ECONOMICHE: CAUSE E RIMEDI, di Murray N. Rothbard, da "Governi distruttori di ricchezza - La teoria austriaca del ciclo economico", 1997, pag 63-70
SECONDA PARTE
Una teoria del ciclo economico corretta e pienamente sviluppata è stata alla fine scoperta ed esposta dall'economista austriaco Ludwig von Mises, quando egli era professore all'Università di Vienna.
Mises ha elaborato i primi elementi della sua soluzione al vitale problema del ciclo economico nella sua monumentale opera "Theorie des Geldes und der Umlausmittel ", pubblicata nel 1912 e tuttora, dopo circa 60 anni, il miglior libro di teoria della moneta e della banca.
Mises ha sviluppato la sua teoria del ciclo durante gli anni 20, una teoria introdotta nel mondo anglosassone dal suo maggiore allievo, Friedrich von Hayek, che è stato chiamato ad insegnare alla London School of Economics nei primi anni trenta e che ha pubblicato, in tedesco e in inglese, due libri che applicano ed elaborano la teoria del ciclo di Mises: "Monetary Theory and the Trade Cycle", e "Price and Production".
Dal momento che Mises e Hayek erano austriaci e dal momento che si inserivano anche nella tradizione dei grandi economisti austriaci del XIX secolo, questa teoria è nota in letteratura come teoria "austriaca" (o dei "sovrainvestimenti monetari") del ciclo economico.
Costruendola sulla teoria ricardiana, su quella austriaca e sul suo genio creativo, Mises ha sviluppato la seguente teoria del ciclo economico.
Senza l'espansione del credito bancario, la domanda e l'offerta tendono all'equilibrio attraverso il sistema dei prezzi ed è impossibile che si sviluppino consistenti alti e bassi.
Ma l'operatore pubblico, attraverso la sua banca centrale, stimola l'espansione del credito bancario, dilatando le passività della banca centrale e, perciò, le riserve liquide di tutte le banche commerciali del paese.
Dunque, le banche procedono all'espansione del credito e, così, dell'offerta nazionale di moneta nella forma di conti correnti.
Come intuirono i ricardiani, questa espansione di moneta bancaria provoca l'aumento dei prezzi dei beni e causa quindi inflazione.
Ma, mostra Mises, provoca anche qualche altra cosa più nefasta.
L'espansione del credito bancario, apportando nuove disponibilità di fondi nel mondo degli affari, abbassa artificialmente il tasso di interesse al di sotto del livello che si sarebbe stabilito nel libero mercato.
Sul libero mercato il tasso di interesse è determinato esclusivamente dalla "preferenza temporale" di tutti gli individui presenti nell'economia.
L'essenza del prestito è che un bene attuale (moneta che può essere usata ora) viene scambiato con un bene futuro (un pagherò che potrà essere usato solo in un determinato tempo futuro).
Dal momento che le persone preferiscono sempre lo stesso ammontare di moneta oggi piuttosto che domani, il bene attuale richiede sempre un tasso aggiuntivo di mercato rispetto a quello disponibile in futuro.
Questo premio è il tasso di interesse e il suo livello varia secondo il grado in cui la gente preferisce il presente al futuro, cioè il grado di preferenza temporale.
La preferenza temporale dei cittadini determina anche il loro quantum di risparmi e investimenti, rispetto a quanto essi consumeranno.
Se la preferenza temporale degli individui cadesse, se cioè il loro tasso di preferenza per il presente rispetto al futuro scemasse, allora essi tenderebbero a consumare meno ora e a risparmiare e a investire di più.
Allo stesso tempo e per la stessa ragione, il tasso di interesse, il tasso di sconto temporale cadrebbe anch'esso.
Si verifica una crescita economica, come risultato della caduta del tasso di preferenza temporale, che comporta un incremento nella proporzione dei risparmi e degli investimenti sui consumi, e anche una caduta del tasso di interesse.
Ma cosa accade quando il tasso di interesse cade non a causa di un più basso tasso di preferenza temporale e più alti risparmi, ma a causa dell'interferenza pubblica, che promuove l'espansione del credito bancario ?
In altre parole, se il tasso di interesse diminuisce artificialmente, a causa dell'intervento, piuttosto che naturalmente, come risultato del cambiamento nella valutazione delle preferenze al consumo degli attori sociali ?
Le conseguenze sono problematiche.
Gli uomini d'affari, vedendo il tasso di interesse cadere, reagiscono come vorrebbero e dovrebbero a questo segnale di cambiamento del mercato: essi investono di più in beni capitali.
Gli investimenti, particolarmente per i progetti a lungo termine, che precedentemente apparivano non profittevoli, sembrano ora profittevoli a causa della caduta del tasso di interesse.
In sintesi, gli uomini d'affari reagiscono come reagirebbero se i risparmi fossero cresciuti spontaneamente: essi espandono, rispetto alla loro produzione diretta di beni di consumo, gli investimenti in attrezzature durevoli, in beni capitali, in materie prime industriali e in costruzioni.
Gli uomini d'affari, in breve, si indebitano felicemente con la nuova moneta bancaria, che è disponibile ad un tasso più basso; essi usano la moneta per investire in beni capitali, ove del caso, per pagare più alti affitti per la terra e più alti salari ai lavoratori delle industrie produttrici di beni capitali.
L'accresciuta domanda provoca un aumento del costo del lavoro, ma gli uomini d'affari pensano di poter pagare questo più alto costo, poiché essi sono stati ingannati dall'intervento pubblico sul mercato dei prestiti e dalla decisiva e importante manomissione del segnale di mercato rappresentato dal tasso di interesse.
Il problema sorge non appena i lavoratori e i proprietari terrieri - ma più che altro i primi, dal momento che la maggior parte dei redditi è pagata in salari - cominceranno a spendere la nuova moneta bancaria ricevuta sotto forma di maggiori salari.
La preferenza temporale del pubblico non sta in realtà diminuendo; il pubblico non vuole risparmiare di più di quanto già fa.
Così i lavoratori cominciano a consumare la maggior parte del loro nuovo reddito, ristabilendo in breve la vecchia proporzione tra consumo e risparmio.
Ciò significa che essi rendirizzano la spesa verso le industrie che producono beni di consumo e non risparmiano e investono abbastanza per comprare le macchine di nuova produzione, le attrezzature industriali, le materie prime e via dicendo.
Tutto ciò si rivela in una improvvisa e continua depressione delle industrie che producono beni di produzione.
Una volta che i consumatori ristabiliscono le desiderate proporzioni di consumo e investimento, è quindi svelato il fatto che si è investito troppo in beni capitali e troppo poco in beni di consumo.
Gli uomini d'affari sono stati sedotti dalla manomissione pubblica e dall'abbassamento artificiale del tasso di interesse e hanno agito come se fossero stati disponibili più risparmi da investire di quanti in realtà non ve ne fossero.
Non appena la nuova moneta bancaria filtra attraverso il sistema e i consumatori ristabiliscono le loro vecchie proporzioni, diviene chiaro che non c'erano abbastanza risparmi per comperare tutti i beni di produzione e che si è investito male il limitato risparmio disponibile.
Si è investito troppo in beni capitali e troppo poco in beni di consumo.
Il boom inflazionistico induce dunque delle distorsioni nei prezzi nel sistema produttivo.
I prezzi del lavoro e delle materie prime nelle Industrie che producono beni capitali sono saliti a un livello troppo alto durante il boom, e non possono essere profittevoli una volta che i consumatori hanno ristabilito le loro vecchie preferenze consumi/investimenti.
La "depressione" si presenta perciò come la necessaria e salutare fase attraverso la quale l'economia di mercato si libera e liquida i malsani e non economici investimenti del boom e ristabilisce quelle proporzioni tra consumi e investimenti che sono effettivamente desiderate dai consumatori.
La depressione è il doloroso ma necessario processo attraverso cui il libero mercato si affranca dagli eccessi e dagli errori del boom e ristabilisce l'economia di mercato nella sua funzione di efficiente servizio per la massa dei consumatori.
Dal momento che i prezzi dei fattori della produzione sono stati portati troppo in alto dal boom, ciò significa che i prezzi del lavoro e dei beni delle industrie di beni capitali devono cadere fino al livello in cui siano ristabilite le relazioni tipiche e corrette di mercato.
Poiché i lavoratori ricevono molto presto la moneta aggiuntiva sotto forma di più alti salari, com'è possibile che i boom possano andare avanti per anni senza rivelare i loro malsani investimenti, benché gli errori dovuti alle manomissioni dei segnali del mercato diventino evidenti e il processo di aggiustamento della depressione cominci a funzionare ?
La risposta è che i boom durerebbero molto poco se l'espansione del credito bancario e la successiva spinta del tasso di interesse sotto il livello del libero mercato avvenissero una sola volta.
Ma il punto è che l'espansione del credito non avviene in una sola volta; essa procede man mano, senza mai dare ai consumatori la possibilità di ristabilire le loro proporzioni preferite di consumo e risparmio, senza mai permettere che l'aumento dei costi nelle Industrie dei beni capitali raggiunga la spinta inflazionistica dei prezzi.
Al boom viene garantita la sua corsa, sempre avanti rispetto alla sua inevitabile e meritata punizione, attraverso ripetute dosi di eccitante credito bancario, come se fosse un cavallo da corsa drogato.
È solo quando l'espansione di credito bancario deve finalmente finire, sia perché le banche stanno andando verso una condizione instabile, sia perché il pubblico comincia a contrastare la continua inflazione, che le retribuzioni finalmente riescono ad interrompere il boom.
Non appena l'espansione del credito si ferma, gli inevitabili aggiustamenti liquidano i malsani sovrainvestimenti del boom con la riaffermazione di una più grande produzione di beni di consumo.
Quindi, la teoria misesiana del ciclo economico dà conto di tutti i nostri rompicapo: la natura ricorrente del ciclo, il grande insieme di errori imprenditoriali e l'ancor più grande intensità degli alti e bassi nelle industrie dei beni di produzione.
Mises localizza con precisione la responsabilità di aver causato il ciclo, attribuendola all'espansione inflazionistica del credito bancario, portata avanti dall'intervento del governo e della sua banca centrale.
Cosa suggerisce Mises, diciamo al governo, di fare, una volta che la depressione sia arrivata ?
Qual è il ruolo del governo nella cura della depressione ?
Come prima cosa, il governo deve cessare prima possibile di inflazionare.
È vero che ciò porterà il boom inflazionistico rapidamente a picco e darà inizio alla inevitabile recessione o depressione.
Ma più a lungo il governo aspetterà a far questo, peggiori saranno i necessari riaggiustamenti.
Prima il riaggiustamento-depressione è provocato, meglio è.
Ciò significa, anche, che il governo non deve mai provare a stimolare malsani situazioni economiche; non deve mai fare da garante o prestare moneta ad imprese in difficoltà.
Facendo questo prolungherà semplicemente l'agonia e convertirà una fase di precisa e veloce depressione in una lenta e cronica malattia.
Il governo non deve mai provare a sostenere i tassi dei salari o dei prezzi dei beni della produzione; facendo questo, prolungherà indefinitamente il compimento del processo di depressione-aggiustamento; causerà un'indefinita e prolungata depressione e una grande disoccupazione nelle più importanti industrie di beni capitali.
Il governo non deve provare a inflazionare di nuovo, sperando di uscire così dalla depressione.
Perché, anche se la nuova inflazione sembra avere successo, essa crea soltanto grandi problemi, con cui bisognerà poi fare i conti.
Il governo non deve fare nulla per incoraggiare il consumo, e non deve incrementare la propria spesa, poiché ciò incrementerà ulteriormente il rapporto consumi/investimenti.
Solo la diminuzione della spesa pubblica migliorerà tale rapporto.
Ciò di cui l'economia ha bisogno non è una maggiore spesa in beni di consumo, ma un maggiore risparmio, per legittimare parte degli investimenti eccessivi causati dal boom.
Pertanto, stando all'analisi misesiana della depressione, il governo non dovrebbe fare alcunché.
Dovrebbe soltanto, dal punto di vista della salute economica e della fine della depressione, realizzare prima possibile una rigorosa politica di laissez-faire.
Qualunque cosa esso faccia, ritarderà e ostacolerà il processo di aggiustamento del mercato; meno fa e più rapidamente il processo di aggiustamento del mercato farà il suo lavoro e sarà ripristinata una sana economia.
La prescrizione di Mises è dunque esattamente l'opposto di quella keynesiana: il governo deve tenersi assolutamente fuori dall'economia e limitarsi a contenere la propria inflazione e a diminuire le sue spese.
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