Da “L’Azione umana”, di Ludwig von Mises, 1949, pag.66-67
La scienza è, e deve essere sempre, razionale.
Essa è il tentativo di giungere ad afferrare i fenomeni dell’universo, attraverso un sistematico utilizzo dell’intero corpo di conoscenze disponibili.
Tuttavia l’analisi degli oggetti nei loro elementi costitutivi raggiunge, presto o tardi, un punto al di là del quale non può andare.
La mente umana non è nemmeno capace di concepire una conoscenza che non soia limitata da un dato ultimo inaccessibile a ulteriore analisi e riduzione.
Il metodo scientifico che porta la mente sino a tale punto è completamente razionale. Il dato ultimo può essere chiamato fatto irrazionale.
Oggi è di moda giudicare erronee le scienze sociali, perché puramente razionali. L’obiezione più popolare sollevata contro l’economia è che essa trascura l’irrazionalità della vita e della realtà e tenta di costringere entro aridi schemi razionali ed esangui astrazioni l’infinita varietà dei fenomeni.
Nessuna critica potrebbe essere più assurda.
Come ogni campo della conoscenza, l’economia arriva fin dove i metodi razionali permettono.
Poi si arresta.
Constata di trovarsi di fronte a un dato ultimo, cioè a un fenomeno che non può - almeno allo stato presente della conoscenza - essere ulteriormente analizzato.
Gli insegnamenti della prasseologia e dell’economia sono validi per tutte le azioni umane, a prescindere dai motivi, dalle cause e dagli scopi sottostanti.
I giudizi ultimi di valore e i fini ultimi dell’azione umana sono dati per ogni genere di ricerca scientifica; non sono suscettibili di ulteriori analisi.
La prasseologia studia i modi e i mezzi scelti per la realizzazione di tali fini ultimi.
Suo oggetto sono i mezzi, non i fini.
In questo senso, possiamo parlare di soggettivismo della scienza generale dell’azione umana.
Essa assume come dati i fini ultimi scelti dall’uomo che agisce.
Rimane assolutamente neutrale nei loro confronti e si astiene da ogni giudizio di valore.
L’unica valutazione da essa espressa riguarda l’idoneità dei mezzi al raggiungimento dei fini perseguiti.
Se l’eudemonismo dice felicità, se l’utilitarismo e l’economia dicono utilità, dobbiamo interpretare questi termini in modo soggettivistico, nel senso che l’uomo che agisce si prefigge il loro conseguimento, perché sono desiderabili ai suoi occhi.
È In questo formalismo che si trova il progresso del significato moderno dell’eudemonismo, dell’edonismo e dell’utilitarismo, che si colloca in contrapposizione al vecchio significato materiale.
È il progresso della moderna teoria soggettivistica del valore, opposta alla teoria oggettivistica del valore utilizzata dall’economia politica classica.
È in questo soggettivismo che si trova nello stesso tempo l’oggettività della nostra scienza.
Poiché è soggettivistica e considera i giudizi di valore dell’uomo che agisce come dati ultimi, non suscettibili di ulteriore esame critico, essa è al di sopra di tutte le dispute di parte e indifferente ai conflitti di tutte le scuole dogmatiche e delle dottrine etiche.
È libera da valutazioni, idee e giudizi preconcetti, universalmente valida e assolutamente e schiettamente umana.
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