Da “Burocrazia”, di Ludwig von Mises, 1944, pag.65-66
Il capo di una piccola tribù primitiva è generalmente in grado di concentrare nelle sue mani tutto il potere legislativo, esecutivo e giudiziario.
La sua volontà è legge.
Egli amministra e giudica.
Ma le cose cambiano quando il despota ha successo nell’ampliare le dimensioni del suo regno.
Dato che egli non possiede l’ubiquità, deve delegare una parte del suo potere a subordinati.
Questi sono, nei rispettivi distretti, i suoi rappresentanti e agiscono in nome della sua autorità.
Di fatto, diventano dei despoti locali, solo nominalmente soggetti al potente sovrano che li ha nominati.
Essi governano le loro province secondo la propria volontà, diventando dei satrapi.
Il monarca supremo ha il potere di estrometterli e di nominare i loro successori.
Ma neppure questo costituisce un rimedio.
Anche il nuovo governatore diventa presto un satrapo pressoché indipendente.
Quello che alcuni critici - erroneamente - asseriscono con riferimento alla democrazia rappresentativa, e cioè che il popolo è sovrano solo il giorno delle elezioni, è letteralmente vero per il dispotismo.
Il re è sovrano nelle province solo nel giorno in cui egli nomina un nuovo governatore.
In che cosa la posizione del governante di una provincia differisce da quella di un dirigente di un settore industriale?
L’amministratore dell’azienda affida un settore al manager di nuova nomina e gli impartisce un’unica direttiva: realizza profitti.
Tale ordine, la cui osservanza è continuamente controllata tramite la contabilità, è sufficiente a fare del settore una sezione produttiva dell’intera azienda e a indirizzare l’azione del dirigente nella direzione voluta dall’amministratore.
Ma se il despota, per il quale la propria decisione arbitraria costituisce il solo principio di governo, nomina un governatore (e gli dice: “Sei il mio rappresentante in questa provincia“), egli rende assoluto il potere arbitrario nella provincia.
Rinuncia così, almeno temporaneamente, al suo potere a beneficio del governatore.
Per evitare un tale risultato, il re cerca di limitare i poteri del governatore, impartendo direttive e istruzioni.
Codici, decreti e regolamenti dicono ai governatori delle province e ai loro subordinati cosa occorre fare qualora sorgano problemi di questo o di quel tipo.
La loro libertà di decisione è limitata.
Il loro primo dovere è ora quello di osservare i regolamenti.
Ed è vero che il loro potere arbitrario è circoscritto da norme che devono essere applicate.
Ma, nel medesimo tempo, muta nel suo complesso la natura dell’attività da loro esercitata.
Essi non sono più desiderosi di occuparsi di ciascun caso al meglio delle loro capacità; non sono più ansiosi di trovare la soluzione più appropriata per ogni problema.
La loro occupazione principale è di osservare le norme e i regolamenti, non importa se questi siano ragionevoli o contrari all’obiettivo prefissato.
La prima qualità di un governatore è quella di attenersi ai codici e ai decreti.
Egli è diventato un burocrate.
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