da “Socialismo”, di Ludwig von Mises, 1922, pag. 149 - 150
I calcoli monetari hanno i loro limiti.
La moneta non è una misura del valore e neppure dei prezzi.
La moneta non misura il valore.
Né i prezzi sono misurati in moneta: essi sono somme monetarie.
E, sebbene il contrario sia stato ingenuamente accettato da coloro che descrivono la moneta come uno “standard per i pagamenti differiti“, come bene economico essa non ha un valore stabile.
Il rapporto di scambio tra moneta e beni varia permanentemente, non solo per le spinte provenienti dalla parte dei beni, ma anche per quelle che vengono dalla parte della moneta.
Di solito, queste variazioni non sono in verità molto violente.
Esse non alterano di molto il calcolo, perché il continuo cambiamento di tutte le condizioni economiche impone di utilizzare lo stesso calcolo per periodi relativamente brevi, in cui il potere d’acquisto della “moneta sana“ non subisce variazioni molto rilevanti.
Nella maggior parte dei casi, le deficienze del calcolo monetario non sono dovute al fatto che esso venga effettuato in termini di un mezzo di scambio generale, la moneta; dipendono soprattutto dalla circostanza che il calcolo è basato sul valore di scambio, piuttosto che sul valore d’uso soggettivo.
Per tale ragione, gli elementi di valore che non sono suscettibili di scambio si sottraggono al calcolo.
Per esempio, allorché ci chiediamo se una centrale elettrica potrà dare profitto, non possiamo includere nel calcolo il danno che la bellezza delle cascate subisce per effetto di tale costruzione; possiamo solo calcolare la diminuzione del valore, dovuta alla caduta della presenza turistica.
Ciò non toglie però che, per decidere se sia il caso o meno di intraprendere la realizzazione della centrale elettrica, anche i danni ambientali debbano ottenere il loro riconoscimento.
Considerazioni di questo tipo sono spesso definite “non economiche“.
Possiamo accettare tale espressione, perché le controversie terminologiche non portano alcun vantaggio.
Ma non tutti questi elementi possono essere qualificati come “irrazionali“.
La bellezza di un posto o di un edificio, la salute della specie, l’onore degli individui e delle nazioni, anche se non danno vita a relazioni di scambio (dato che non sono negoziabili sul mercato) sono motivi dell’azione razionale, poiché la gente li ritiene importanti quanto quelli normalmente definiti economici.
Che essi non possano ricadere nel calcolo monetario è dovuto alla natura del calcolo stesso.
Il che non sminuisce affatto, nelle questioni economiche di tutti i giorni, l’importanza del calcolo.
Tutti i beni morali sono infatti beni di primo ordine.
Possiamo valutarli direttamente; anche se si trovano al di fuori della sfera del calcolo monetario, non abbiamo perciò alcuna difficoltà a tenerne conto.
Il fatto che essi si sottraggano al calcolo non rende in alcun modo più difficile la loro considerazione.
Se sappiamo esattamente l’importanza che dobbiamo attribuire alla bellezza, alla salute, all’onore, all’amor proprio e ad altri valori del genere, niente ci impedisce di renderli destinatari del dovuto riconoscimento.
Le persone sensibili possono pure sentirsi tormentate dalla necessità di scegliere tra l’ideale e il materiale.
Ma la colpa non è dell’economia monetaria.
È nella natura delle cose.
Infatti, neanche quando possiamo esprimere giudizi di valore senza il calcolo monetario, possiamo evitare la scelta.
L’uomo isolato e la comunità socialista devono agire allo stesso modo, e le nature davvero sensibili non troveranno mai ciò penoso.
Chiamate a scegliere fra il pane e l’onore, esse non saranno mai indecise su come agire.
Se l’onore non può essere cibo da mangiare, per l’onore si può almeno rinunciare al cibo.
Solo coloro che temono l’angoscia della decisione, perché sanno internamente di non poter fare a meno di tutto ciò che è materiale, vedono la necessità della scelta come una profanazione dei veri valori.
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