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119 - RISPARMIO E INVESTIMENTO IN UN SISTEMA MONETARIO FIAT

Immagine del redattore: libertus65libertus65

da “Il Fiat Standard - La schiavitù del debito come alternativa alla civilizzazione umana”, di Saifedean Ammous, 2021, pag.57-64


Il risparmio consiste nel differire il consumo nel tempo.

Si rinuncia cioè a consumare nel presente per avere la disponibilità del bene, o di un suo equivalente monetario, in futuro.

Acquisire e mantenere a propria disposizione beni durevoli è stata la prima forma di risparmio conosciuta agli esseri umani.

Essendo bene liquido e fungibile facile da scambiare con tutti gli altri, la moneta metallica è divenuta nel tempo lo strumento più efficiente per risparmiare.

La sua idoneità a svolgere questa funzione è aumentata in parallelo alla bontà del mezzo monetario utilizzato.

La nostra civiltà è progredita quindi verso l’utilizzo di forme monetarie sempre più rigide nella loro offerta , ovvero verso meccanismi sempre più affidabili per trasferire valore nel tempo.

Più l’offerta di moneta è rigida, più è difficile produrne nuove quantità in risposta agli aumenti della domanda, motivo per cui meglio riesce a mantenere il proprio valore nel tempo.

Questo ha fatto sì che gli individui potessero ridurre le proprie preferenze temporali e creare più ricchezza futura.

Al crescere dei risparmi, gli individui diventano più inclini verso forme di investimento imprenditoriale che comportano rischi, ma producono nel tempo un progressivo incremento delle produttività.

In sintesi una moneta solida riduce l’incertezza del futuro stimolando gli individui ad agire in un orizzonte temporale di lungo periodo.

L’uso della moneta metallica come strumento di risparmio ha funzionato per migliaia di anni.

La vetta è stata raggiunta con le monete d’oro.

Esse possedevano il miglior grado di commerciabilità nel tempo e nello spazio, erano riconosciute a livello mondiale e mantenevano il valore nel corso dei secoli.

Grazie alle monete d’oro, chiunque poteva risparmiare e aspettarsi che i propri risparmi conservassero valore nel lungo periodo.

I bambini iniziavano a farlo fin dalla nascita, tramite l’oro che amici e parenti tradizionalmente regalavano ai genitori del neonato.

L’educazione al lavoro ed al risparmio avveniva già in tenera età e, crescendo, maturava spontaneamente il desiderio di essere più produttivi, per guadagnare e risparmiare ancora di più.

Chi riusciva ad accantonare sufficienti risparmi poteva cominciare a investire in beni capitali, così da aumentare la produttività del proprio lavoro, o in attività altrui, così da poter godere di un’ulteriore fonte di reddito.

Raggiunta l’indipendenza, ci si sposava, si comprava casa, e si iniziava una famiglia.

L’atto di risparmiare continuava per tutta la vita, al termine della quale la ricchezza accumulata passava alla generazione successiva.

In ultima analisi il progresso umano consiste nel riuscire a fornire una vita migliore alle generazioni successive, un processo nel quale i risparmi hanno storicamente giocato un ruolo estremamente importante .

Gli individui, infatti sono riusciti a ridurre la propria naturale preferenza a consumare nel presente, per cercare di garantirsi un futuro migliore, tramite la possibilità di risparmiare.

Solo il risparmio rende possibile investire e accumulare capitale.

Quanto più una società risparmia, tanto migliore sarà la qualità della vita delle generazioni future.

Lo sviluppo del concetto e della pratica del risparmio rappresenta indubbiamente una parte cruciale dello sviluppo della civiltà umana.

Man mano che la forma monetaria assumeva caratteristiche più solide e affidabili, i risparmi aumentavano e l’attitudine al risparmio diventava parte integrante della cultura, della religione, delle tradizioni.

Ci siamo evoluti in maniera naturale verso l’utilizzo di beni monetari che potessero conservare sempre meglio il proprio valore nel tempo.

Risparmiare non necessitava molta esperienza o sforzi.

Chiunque guadagnasse una moneta d’oro poteva metterla da parte aumentando il proprio potere di acquisto di circa l’uno o due percento all’anno .

Qualunque altro mezzo monetario spacciato per essere buono come l’oro presto o tardi falliva regolarmente.

Ci sono stati momenti storici eccezionali in cui l’oro si è deprezzato, ma ciò è avvenuto sempre per variazioni contenute e per brevi periodi.

Questa mentalità incoraggiata da una moneta sana era diffusa quasi ovunque nel mondo, almeno fino agli anni ottanta e novanta del secolo scorso, quando il denaro Fiat e l’eccessiva offerta monetaria delle banche centrali hanno dato un impulso irresistibile all’aumento del debito, sottraendo significatività all’atto di risparmiare.

Invece di accantonare risparmi in vista di grosse spese, oggigiorno le persone si indebitano sempre più, accumulando saldi negativi in moneta Fiat sempre più elevati.

Le giovani generazioni nascono in famiglie già indebitate e vivono tutta la loro vita nel debito.

Man mano che si attraversano le varie fasi della vita, il successo viene misurato in funzione della capacità di assicurarsi quantità crescenti di debito: un bel prestito per frequentare un’università che apra le porte a un lavoro ben pagato, che a sua volta permetta di prendere a prestito una somma di denaro ancora maggiore per comprare una bella casa e una macchina.

Lavorando duramente per il proprio datore di lavoro e mostrandogli la giusta fedeltà, si può eventualmente accedere a saldi negativi Fiat ancora maggiori per comprare una casa ancora più grande e una macchina più lussuosa.

Anche chi riesce ad avviare un’attività imprenditoriale spesso non lo fa grazie al capitale accumulato, ma grazie alla concessione di un prestito.

Più l’attività assume grosse dimensioni e ha successo, più è possibile accedere a crediti di importo maggiore.

In sintesi, farsi strada nel sistema Fiat significa riuscire ad accumulare debiti su debiti con saldi negativi crescenti.

Ed è così che ormai vive la maggior parte delle persone: accumulando debiti per tutto il corso della vita.

Quando i governi interruppero la convertibilità delle banconote rimuovendo l’oro dalla circolazione, i conti correnti rimpiazzarono la moneta d’oro come tecnologia strumentale al risparmio.

D’altronde, affidarsi alla carta moneta per risparmiare nel lungo periodo non era conveniente: se da un lato essa poteva rovinarsi o bruciarsi, dall’altro era destinata a perdere potere d’acquisto a causa di politiche monetarie inflazionistiche.

Il conto bancario quantomeno avrebbe remunerato le somme depositate con interessi che compensassero l’inflazione dei prezzi.

Come discusso nel capitolo due, però, la rimozione del legame con l’oro implicò inflazione monetaria e svalutazione.

Caccia ai rendimenti ed espansione creditizia alimentarono inevitabilmente speculazione e bolle economiche, nel breve periodo molto redditizie per le banche ma destinate presto o tardi a culminare in crolli di borsa e crisi finanziarie, distruggendo i risparmi di milioni di persone.

Nel 1934, cinque anni dopo il grande crollo di borsa del 1929, la Camera dei deputati americani approvò la legge Glass-Steagall, con la quale si introduceva la separazione fra banche commerciali e banche di investimento, nonché la protezione federale dei depositi presso le banche commerciali.

Questa protezione avrebbe dovuto offrire qualcosa di simile alla vecchia moneta d’oro fisica: un libretto di risparmio garantito con tassi di interesse in teoria sufficienti a battere l’inflazione.

Chi era disposto ad assumere rischi maggiori per ottenere rendimenti ancora più elevati poteva affidarsi alle banche di investimento, ma senza godere di alcuna protezione statale.

Questo tipo di impianto, tuttavia, nel lungo periodo non poteva funzionare.

Le banche infatti non sono in grado di offrire rendimenti reali positivi e senza rischi che tengano il passo della svalutazione operata dal governo e dalla Banca centrale.

Funzionò nell’immediato dopoguerra solo perché in quel periodo ci fu un significativo afflusso internazionale di oro verso gli Stati Uniti e la maggior parte dei paesi cominciò ad adottare il dollaro come valuta di riserva mondiale.

Se a questo aggiungiamo la fine del New Deal e una forte riduzione della spesa pubblica, si può comprendere ancora meglio come mai la nuova impalcatura sembrò funzionare dagli anni 40 agli anni 60, almeno per la maggior parte degli americani.

Tuttavia, a causa della spesa pubblica che tornò a crescere negli anni 60 (per finanziare sia la guerra in Vietnam che i progetti di welfare della grande società di Lyndon B. Johnson) e della monetizzazione del debito governativo, i prezzi cominciarono ad aumentare e i i rendimenti sui libretti di risparmio cessarono di tenere il passo con l’inflazione.

Nel 1971 l’ancoraggio del dollaro all’oro venne meno e la moneta Fiat depositata sui conti correnti cominciò a svalutarsi sempre più rapidamente.

Chi voleva preservare la propria ricchezza per il futuro era costretto a spostarsi sui mercati finanziari, costruendosi un portafoglio di investimento.

I mercati azionari e obbligazionari divennero le nuove pseudo-tecnologie di risparmio per combattere l’inflazione.

Mentre l’attività bancaria si concentrava sempre di più su conti correnti e metodi di pagamento, i libretti di risparmio persero progressivamente rilevanza.

Dagli anni 70 fino agli anni 90 sono stati i titoli del debito pubblico a rivestire il ruolo di libretto mondiale per il risparmio, offrendo rendimenti superiori all’inflazione.

Tuttavia, i titoli governativi non rappresentano una reale attività monetaria nè possono assolvere il ruolo di riserva di valore nel lungo periodo, in quanto non esiste un meccanismo efficace che ne limiti l’offerta.

Man mano che la domanda di titoli di Stato aumenta, il loro prezzo sale mentre i rendimenti scendono, rendendo tali strumenti sempre meno adeguati quale strumento per battere l’inflazione.

In ambiente di rendimenti decrescenti, peraltro, gli emittenti pubblici di titoli obbligazionari possono continuare a indebitarsi a condizioni sempre più favorevoli, oltre misura ed a scapito della loro responsabilità fiscale.

In sostanza, bandendo l’utilizzo dell’oro come moneta, i governi hanno generato una domanda artificiale per i titoli di Stato, amplificandola oltre i propri meriti creditizi.

La bolla del debito pubblico degli ultimi decenni ne è la dimostrazione.

Già alla fine dei primi anni 2000, i rendimenti obbligazionari nelle economie occidentali erano scesi a livelli inferiori all’inflazione e la loro funzione di meccanismo di difesa del risparmio si era esaurita.

Dopo il 2009 fu quindi l’indice azionario ad assumere il ruolo di libretto di risparmio.

Gli investimenti, pur essendo una parte essenziale dell’economia di mercato, sono cosa ben distinta dal risparmio e non rappresentano un loro sostituto.

Nel lessico corrente i due termini sono diventati quasi intercambiabili, mentre nella macroeconomia moderna la relazione che li lega viene oltremodo confusa.

Le differenze tra risparmio e investimento sono invece estremamente rilevanti.

Risparmiare significa accantonare denaro per ridurre le incertezze future.

Dal punto di vista contabile, a livello di cassa un investimento genera un’uscita mentre il risparmio genera un’entrata.

Il motivo per cui ci si procura del contante è la sua commerciabilità (ovvero la facilità con cui una moneta può essere scambiata nel tempo e nello spazio).

Ad ogni modo la differenza principale tra i due concetti è che investire comporta per definizione un rischio maggiore.

Non esiste un investimento senza rischio, e qualunque investimento può risolversi in una perdita, anche totale, del capitale investito.

I risparmi, al contrario, sono beni estremamente liquidi e il meno rischiosi possibile.

Investire implica un sacrificio in termini di liquidità e un maggior rischio nella prospettiva di ottenere rendimenti maggiori.

In un mondo sano nessuno dovrebbe essere costretto a rinunciare al risparmio in favore dell’investimento.

Entrambe le cose hanno la giusta allocazione in qualunque portafoglio.

I saldi detenuti in forma di contante sono quelli su cui si vuole fare affidamento con certezza, mentre i fondi destinati agli investimenti sono quelli che si è disposti a rischiare in cambio di un rendimento.

In un sistema fondato su una moneta sana, com’era il gold standard, è la moneta stessa ad essere detenuta con finalità di risparmio, dato il suo apprezzamento lieve ma costante nel tempo.

In un’economia come quella moderna basata su una moneta non sana, il contante non vale niente (come sa bene qualsiasi gestore patrimoniale).

Il risparmio è quindi detenuto sottoforma di obbligazioni governative o investimenti azionari a basso rischio.

In altre parole, per cercare di preservare dall’inflazione il valore prodotto dal proprio lavoro, i risparmiatori sono costretti a interessarsi di mercati e titoli mobiliari.

Dare stabilità ai propri risparmi diventa un compito difficile e ciò, in ultima analisi, limita le capacità di pianificare il proprio futuro.

Una delle motivazioni fornite dai keynesiani per giustificare l’utilizzo del denaro Fiat imposto dai governi è che la svalutazione incentiva le persone a investire più di quanto sarebbero disposte a fare altrimenti, cosa che a sua volta aumenta l’occupazione e i consumi.

Purtroppo, questa logica inflazionistica confonde la nozione di credito con quella di capitale.

Affinché si realizzino degli investimenti sostenibili, i consumatori devono prima rimandare i consumi, indirizzando poi le risorse risparmiate verso la produzione.

La svalutazione monetaria non aumenta magicamente la quantità di capitale e di risorse destinabili alla produzione, piuttosto crea un meccanismo perverso secondo cui anche gli investimenti con rendimenti reali negativi risultano redditizi in termini nominali, rendendoli preferibili al contante.

La svalutazione, quindi, è tipicamente accompagnata da un’espansione del credito che, a sua volta innesca il tipico ciclo economico di boom e crisi.

L’esistenza di un bene finanziario affidabile, per elevata liquidità e basso rischio, non può che essere considerata estremamente appetibile da chi la impiega come strumento di risparmio, proprio in quanto permette di ridurre l’incertezza futura.

La capacità di assicurarsi un determinato potere di acquisto futuro, con un certo grado di certezza, ha un effetto liberatorio dal punto di vista finanziario e permette agli individui di effettuare investimenti rischiosi in maniera proporzionata e ponderata.

Ironicamente, potrebbe addirittura darsi il caso che un sistema monetario sano riduca la domanda di risparmi.

Infatti , qualora si avesse ragionevole certezza che le somme accantonate possano essere sufficienti a coprire i costi futuri, la necessità di aggiungere altri risparmi a quelli già esistenti probabilmente verrebbe meno, e la propensione ad assumere rischi maggiori aumenterebbe.

Viceversa, laddove la moneta fosse cattiva riserva di valore, una maggiore rischiosità percepita verso azioni e obbligazioni ridurrebbe la certezza che tali investimenti possano riuscire a coprire le spese future, aumentando l’avversione al rischio, l’insicurezza e stimolando la domanda di contante e di depositi bancari.

Nel Fiat Standard persino il mantenimento della ricchezza già posseduta richiede un’adeguata gestione attiva del portafoglio e capacità decisionali avanzate.

Un problema non da poco per molti.

Per essere in grado di far tutto ciò, infatti, è necessario sviluppare conoscenze in diversi ambiti: gestione del portafoglio e del rischio, valutazione di azioni e obbligazioni, mercati del credito, mercati immobiliari, andamenti macroeconomici a livello globale, politiche monetarie nazionali e internazionali, mercati delle materie prime, sviluppi geopolitici e, a seguire, tanti altri campi di studio tanto misteriosi quanto altamente specializzati.

Nel sistema Fiat è praticamente necessario guadagnarsi i soldi due volte: una prima volta con il lavoro e una seconda investendoli sapientemente per combattere l’inflazione.

La moneta d’oro evitava tutto questo.

Per quale motivo dottori, atleti, ingegneri, imprenditori o semplici impiegati che svolgono bene il proprio lavoro, dovrebbero essere costretti a sviluppare una specializzazione in tutti questi ambiti al solo fine di mantenere la ricchezza guadagnata sul mercato del lavoro?

Non è quindi un caso che questo tipo di sistema sia, da lungo tempo ormai, una manna dal cielo per il settore della gestione del risparmio.

La maggior parte dei fondi gestiti fa capo a individui che preferirebbero evitare qualunque rischio legato agli investimenti, semplicemente detenendo una buona riserva di valore.

In assenza di quest’ultima, costoro si trovano costretti a pagare dei professionisti che li aiutino a raggiungere i propri obiettivi finanziari.

Ciò nonostante, al netto dell’inflazione monetaria che va a finanziare gli sprechi della spesa pubblica e delle laute parcelle che finiscono nelle tasche di questi professionisti, solo una piccola minoranza riesce a ottenere rendimenti positivi.

La stragrande maggioranza, invece, deve continuare a lavorare e guadagnare sempre di più per non perdere la propria ricchezza.

Ultimamente, e in particolar modo nell’ultimo anno, sta cominciando a vacillare la convinzione, radicata in molti, che investire in indici azionari o nel settore immobiliare sia un modo affidabile per sconfiggere l’inflazione.

Da quando i tassi di interesse sui titoli di Stato sono approdati addirittura in territorio negativo, trovare qualche investimento che riesca a battere l’inflazione è diventato sempre più difficile.

Lo stesso investimento in obbligazioni emesse da governi più o meno incompetenti, oltre a implicare seri rischi finanziari, di fatto può ormai considerarsi mera espropriazione di ricchezza privata.

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