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39 - LA CONCEZIONE INFLAZIONISTICA DELLA STORIA


Da “L’Azione Umana” di Ludwig Von Mises, 1949, pag. 511-515

Una dottrina molto popolare sostiene che la progressiva riduzione del potere d'acquisto dell'unità monetaria ha svolto una funzione decisiva nell'evoluzione storica.

Tale dottrina afferma ancora che, se l'offerta di moneta non fosse stata maggiore della sua domanda, l'umanità non avrebbe raggiunto il suo stato presente di benessere.

La conseguente caduta del potere d'acquisto, viene detto, è stata la condizione necessaria del progresso economico.

L'intensificazione della divisione del lavoro e il continuo sviluppo dell'accumulazione di capitale che hanno centuplicato la produttività del lavoro hanno potuto verificarsi soltanto in un mondo a prezzi progressivamente crescenti.

L’inflazione crea la prosperità e la ricchezza; la deflazione crea miseria e decadenza economica.

Uno sguardo alla letteratura politica e alle idee che per secoli hanno informato le politiche monetarie e del credito delle nazioni rivela che questa opinione è pressoché generalmente accettata.

Malgrado tutti gli avvertimenti da parte degli economisti, essa costituisce ancora oggi il nucleo della filosofia economica dell'uomo della strada.

E’ parimenti l'essenza degli insegnamenti di lord Keynes e dei suoi discepoli di entrambi gli emisferi.

La popolarità dell’inflazionismo è in gran parte dovuta all'odio radicale verso i creditori. L'inflazione è considerata giusta perché favorisce i debitori a spese dei creditori.

Ma la concezione inflazionistica della storia che dobbiamo prendere in considerazione in questo paragrafo è solo vagamente collegata alla ostilità nei confronti del creditore.

L’affermazione che “l'espansionismo” è la forza propulsiva del progresso economico e che il “restrizionismo” è il peggiore di tutti i mali è principalmente basata su altri argomenti.

E’ ovvio che ai problemi sollevati dalla dottrina inflazionistica non si può rispondere ricorrendo agli insegnamenti dell'esperienza storica. Sebbene qualche volta brevemente interrotta, è fuori dubbio che la storia dei prezzi mostra generalmente una continua tendenza al rialzo.


*****


Non è questo tuttavia il problema da chiarire. Dobbiamo invece stabilire se la caduta del potere d'acquisto sia stata o no fattore indispensabile dell'evoluzione che ha condotto dalla povertà dei tempi passati alle migliorate condizioni del moderno capitalismo occidentale.

A tale domanda occorre rispondere senza fare riferimento all'esperienza storica, che può essere ed è sempre interpretata in differenti modi, fino al punto che vi fanno riferimento sostenitori e avversari di ogni teoria e di ogni spiegazione storica per provare le loro affermazioni reciprocamente incompatibili e contraddittorie.

Ciò che bisogna chiarire sono gli effetti delle variazioni del potere d'acquisto sulla divisione del lavoro, l'accumulazione del capitale e il miglioramento tecnologico.

Trattando di questi problemi non ci si può accontentare di confutare gli argomenti sostenuti dagli inflazionisti a supporto delle loro tesi.

In verità l’assurdità di questi argomenti è così evidente da rendere molto facile la loro confutazione.

Dai suoi esordi la teoria economica ha mostrato ripetutamente che le affermazioni relative alla asserita benedizione dell'abbondanza di moneta contro i creduti disastri della sua scarsità sono il risultato di madornali errori logici.

I tentativi degli apostoli dell’inflazionismo e dell'espansionismo di confutare la correttezza degli insegnamenti degli economisti sono totalmente falliti.

Il solo interrogativo rilevante è il seguente: è possibile o no ridurre durevolmente il saggio di interesse attraverso l'espansione del credito ?

Il problema sarà trattato esaurientemente nel capitolo che analizza le interconnessioni tra la relazione monetaria e il saggio di interesse.

Là si mostrerà quali siano le conseguenze di un boom creato attraverso l'espansione del credito.

A questo punto della nostra indagine, dobbiamo tuttavia chiederci se non sia possibile avanzare altre ragioni in favore dell'interpretazione inflazionistica della storia.

E’ possibile che i fautori dell’inflazionismo abbiano trascurato taluni validi argomenti a favore della loro posizione ?

E’ necessario analizzare il problema da ogni possibile angolazione.

Immaginiamo un mondo in cui la quantità di moneta sia immodificabile. In uno stadio primitivo della storia, gli abitanti di questo mondo abbiano prodotto l'intera quantità ottenibile di merci impiegate per il servizio monetario, sicchè un successivo aumento dell’offerta di moneta sia impossibile.

I mezzi fiduciari siano sconosciuti. Tutti i sostituti monetari (comprese le monete divisionarie) siano certificati monetari.

In tal caso l'intensificazione della divisione del lavoro, il superamento dell’autosufficienza economica delle famiglie, dei villaggi, dei distretti e delle nazioni, la progressiva accumulazione del capitale e il miglioramento delle tecniche di produzione determinerebbero una tendenza continua alla caduta dei prezzi.

Un aumento del potere d'acquisto dell'unità monetaria arresterebbe lo sviluppo del capitalismo ?

L’uomo d’affari medio risponderà positivamente all'interrogativo.

Vivendo e agendo in un ambiente in cui una lenta ma continua caduta del potere d'acquisto dell’unità monetaria è ritenuta normale, necessaria e benefica, egli non può darsi ragione di un differente stato di cose.

Mette assieme i prezzi e i profitti crescenti, da un lato, e i prezzi decrescenti e le perdite, dall'altro.

Il fatto che ci siano operazioni al ribasso e che le grandi Fortune siano state costituite tramite tali speculazioni non scuotono il suo dogmatismo.

Esse sono, sostiene, transazioni puramente speculative di gente avida di profittare della caduta dei prezzi dei beni già prodotti e disponibili. Le innovazioni creative, i nuovi investimenti e l'applicazione di migliorate tecniche produttive rendono necessario l'incentivo prodotto dall'attesa di un aumento dei prezzi.

Il progresso economico è possibile soltanto in un mondo caratterizzato da prezzi crescenti.

Tale opinione è insostenibile.

In un contesto a crescente potere d'acquisto dell’unità monetaria, il modo di pensare di ognuno si adatterebbe a questo stato di cose, proprio come nel nostro contesto odierno si è adattato alla caduta del suo potere d'acquisto.

Oggi tutti sono disposti a vedere nell’aumento del proprio reddito nominale o monetario un miglioramento del proprio benessere materiale. L'attenzione va all'aumento dei saggi salariali nominali e all'incremento monetario della propria ricchezza piuttosto che all’aumento della disponibilità di beni.

In un mondo a crescente potere d'acquisto dell’unità monetaria, la gente sarebbe più interessata alla caduta del costo della vita. E questo metterebbe in chiaro rilievo il fatto che il progresso economico consiste principalmente nel rendere più facilmente accessibili gli agi della vita.

Nella conduzione degli affari, le riflessioni relative all'andamento secolare dei prezzi non hanno alcuna importanza.

Imprenditori e investitori non si preoccupano delle tendenze secolari.

Ciò che guida le loro azioni è la loro opinione sul movimento dei prezzi nelle prossime settimane, nei prossimi mesi o al massimo anni. Nè badano al movimento generale di tutti i prezzi.

Ciò che ha importanza per loro è l'esistenza di differenze fra i prezzi dei fattori complementari di produzione e i prezzi attesi dei prodotti.

Nessun uomo d’affari avvia un certo progetto di produzione perché presume che i prezzi, cioè i prezzi di tutti i beni e servizi, aumenteranno.


*****


Una tendenza secolare all’aumento del potere d'acquisto dell’unità monetaria richiederebbe da parte degli uomini d'affari e degli investitori regole diverse da quelle sviluppate in presenza di una tendenza secolare alla caduta. Ma non influenzerebbe certo in modo sostanziale il corso degli affari economici.

Non rimuoverebbe la spinta di ciascuno a migliorare quanto più possibile il proprio benessere materiale mediante un'organizzazione appropriata della produzione.


*****


Queste osservazioni non sono certamente una difesa della politica deflazionistica. Vogliono solo confutare le sempre vive favole degli inflazionisti e smascherare l'illusione della dottrina di lord Keynes, secondo cui la fonte della povertà e della miseria, della depressione del commercio, della disoccupazione è la pressione esercitata dalla “contrazione”.

Non è vero che una “pressione deflazionistica avrebbe impedito lo sviluppo dell'Industria moderna”; nè è vero che l'espansione del credito produca il “miracolo di trasformare le pietre in pane”.

L'economia non raccomanda politiche inflazionistiche o deflazionistiche. Essa non sollecita i governi a immischiarsi nella scelta che il mercato fa di un mezzo di scambio.

Accerta soltanto alcune verità:

1) con una politica inflazionistica o deflazionistica un governo non promuove il pubblico benessere, il bene comune o gli interessi dell'intera nazione. Esso semplicemente favorisce uno o più gruppi della popolazione a spese degli altri gruppi

2) è impossibile conoscere in anticipo quale gruppo sarà favorito da un certo provvedimento inflazionistico o deflazionistico e in quale misura. Questi effetti dipendono da tutto il complesso dei dati di mercato. Dipendono pure dalla velocità dei movimenti inflazionistici e deflazionistici e possono essere completamente annullati o invertiti nel corso di questi movimenti

3) l'espansione monetaria provoca in ogni caso cattivi investimenti di capitale e sovraconsumo. Essa lascia la nazione più povera anziché più ricca

4) L’inflazione protratta nel tempo porta alla fine una catastrofica esplosione dei prezzi e al completo crollo del sistema monetario

5) La politica deflazionistica è costosa per il Tesoro e impopolare presso le masse. Per contro, la politica inflazionistica è vantaggiosa per il Tesoro e molto popolare presso gli ignoranti. Il danno della deflazione è trascurabile, quello dell'inflazione è tremendo

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