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88 - L'ANALISI SCIENTIFICA DEL SOCIALISMO

da “Socialismo”, di Ludwig von Mises, 1922, pag.61-65

Il punto di partenza della dottrina socialista è la critica dell’ordine borghese della società.

Siamo consapevoli del fatto che gli scrittori socialisti non hanno avuto molto successo in questa loro impresa.

Sappiamo che hanno interpretato male il funzionamento del meccanismo economico, che non hanno compreso lo scopo delle varie istituzioni dell’ordine sociale basato sulla divisione del lavoro e sulla proprietà privata dei mezzi di produzione.

Non è stato perciò difficile porre in luce gli errori da loro commessi nell’analizzare il processo economico: coloro che le hanno sottoposte a vaglio hanno mostrato che quelle dottrine economiche sono grossolanamente errate.

Chiedersi se l’ordine capitalista della società sia più o meno difettoso, difficilmente è un argomento decisivo per sostenere che il socialismo possa offrire un sostituto migliore.

Non è sufficiente provare che l’ordine sociale basato sulla proprietà privata dei mezzi di produzione ha dei difetti e che non ha creato il migliore dei mondi possibili; è necessario pure mostrare che l’ordine socialista è migliore.

Solo pochi socialisti hanno cercato di provarlo, e lo hanno fatto perlopiù in modo del tutto privo di scientificità, alcuni addirittura in maniera superficiale.

La scienza del socialismo è rudimentale, e il tipo di socialismo che si autodefinisce “scientifico“ non è l’ultimo a portare tale responsabilità.

Il marxismo non si è limitato a presentare l’avvento del socialismo come una inevitabile tappa dello sviluppo sociale.

Se avesse fatto solo questo, non avrebbe potuto esercitare quell’influenza perniciosa, che gli deve essere addebitata, sulla trattazione scientifica dei problemi della vita.

Se non avesse fatto altro che descrivere l’ordine socialista della società come la migliore forma concepibile di vita sociale, non avrebbe mai potuto generare conseguenze così dannose.

Ma ha fatto di più: per mezzo della mistificazione, ha impedito la trattazione scientifica dei problemi sociologici, e ha avvelenato l’atmosfera intellettuale del nostro tempo.

Secondo la concezione marxista, è la condizione sociale a determinare il modo di pensare dell’individuo.

È l’appartenenza a una classe sociale a decidere i punti di vista che un pensatore esprime.

Egli non è in grado di sfuggire alla propria classe sociale o di affrancare i suoi pensieri dalle prescrizioni impostegli dagli interessi di classe.

La possibilità di una scienza generale, valida per gli uomini di qualsiasi classe sociale, viene quindi contestata.

Con un solo passo in più, Dietzgen è giunto alla costruzione di una speciale logica proletaria.

E la verità risiede solo nella sua scienza: “le idee della logica proletaria non sono idee di un partito, ma le conseguenze della logica pure semplice“.

Il marxismo si protegge così da qualunque critica sgradita.

Il nemico non è confutato, ma smascherato come borghese.

Si criticano le acquisizioni di tutti coloro che la pensano diversamente, presentandoli come venali servitori della borghesia.

Marx ed Engels non hanno mai cercato di confutare i loro oppositori con la discussione.

Li hanno insultati, ridicolizzati, derisi, calunniati, denigrati; e i loro seguaci si sono dimostrati non meno esperti nell’uso di tali metodi.

La loro polemica non è stata mai indirizzata contro gli argomenti dell’oppositore, ma sempre contro la sua persona.

Pochi sono stati in grado di resistere ai loro attacchi.

E pochi in verità sono stati abbastanza coraggiosi da opporsi al socialismo con quella critica spietata che un pensatore scientifico deve sempre rivolgere a ogni oggetto di indagine.

Si può spiegare solo in tal modo il fatto che i sostenitori e gli oppositori del socialismo hanno quietamente obbedito alla proibizione imposta dal marxismo di discutere in maniera rigorosa le condizioni economiche e sociali della futura comunità socialista.

Da una parte, il marxismo dichiara che la socializzazione dei mezzi di produzione è il fine verso cui, con l’inevitabilità di una legge naturale, conduce lo sviluppo storico; dall’altra, presenta questa socializzazione come lo scopo del suo sforzo politico.

In questo modo, esso sottrae alla discussione la prima regola organizzativa della società socialista.

La proibizione dello studio del funzionamento del nuovo ordine sociale, giustificata con una serie di trite argomentazioni, è in realtà finalizzata a impedire che le debolezze delle dottrine marxiste possano venire inequivocabilmente alla luce nell’ambito del dibattito sulla creazione di un praticabile sistema socialista.

Una chiara esposizione della natura della società socialista avrebbe potuto minare l’entusiasmo delle masse, che vedevano nel socialismo la liberazione da tutti i mali terreni.

La soppressione portata a termine con successo di quelle domande pericolose, a cui si deve la caduta di tutte le teorie socialiste precedenti, è stata una delle più abili mosse tattiche di Marx.

Il socialismo è stato in grado di diventare il movimento politico più importante della fine dell’Ottocento e dell’inizio del Novecento, solo perché ha vietato di porre interrogativi sulla natura della sua società.

……..

Una discussione dei problemi della comunità socialista è pertanto della massima importanza, e non solo per capire la contrapposizione tra la politica liberale e quella socialista.

Senza tale discussione, non è possibile gettare luce sulle situazioni che si sono venute a creare da quando il movimento a sostegno della statalizzazione e della municipalizzazione ha preso piede.

Finora, con una parzialità comprensibile ma deplorevole, l’economia ha investigato esclusivamente il meccanismo di una società basata sulla proprietà privata dei mezzi di produzione.

Il ritardo così creatosi deve essere colmato.

Se la società debba essere costruita sulla base della proprietà privata o pubblica dei mezzi di produzione è questione di natura politica.

La scienza non può quindi decidere; la scienza non può pronunciare un giudizio sui valori dei modelli di organizzazione sociale.

Ma solo la scienza, esaminando gli effetti prodotti dalle istituzioni, può darci gli strumenti per conoscere la società.

Anche se l’uomo d’azione, il politico, può a volte non prestare attenzione ai risultati di questa analisi, l’uomo di pensiero non deve smettere mai di indagare su tutte le cose accessibili all’intelligenza umana.

E nel lungo periodo sarà il pensiero a determinare l’azione.

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