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12 - PROFITTO E MORALE

Aggiornamento: 26 ago 2020

PROFITTO E MORALE da "L'Azione Umana", di Ludwig von Mises, 1949, pagina 349 La critica rivolta al profitto dai moralisti e dai predicatori non colpisce il segno. Se i consumatori - la gente, l'uomo comune - preferiscono i liquori alle bibbie e le storie polizieschi ai libri seri e se i governi preferiscono al burro i cannoni, non è colpa degli imprenditori. Questi non realizzano un maggior profitto vendendo cose cattive al posto delle cose buone. I loro profitti crescono nella misura in cui sanno meglio procurare ai consumatori le cose richieste con maggiore intensità. La gente non beve bevande intossicanti per rendere felice il "capitale alcolico", nè va in guerra per accrescere i profitti dei mercanti di morte. L'industria degli armamenti è conseguenza, non causa, dello spirito bellicoso degli uomini. Non è compito degli imprenditori spingere la gente a cambiare le loro ideologie. Spetta ai filosofi. L'imprenditore serve i consumatori come essi sono oggi, anche se malvagi e ignoranti. Possiamo ammirare coloro che si astengono dal fare guadagni attraverso la produzione di armi mortali o liquori ad alta gradazione alcolica. La loro lodevole condotta è tuttavia un semplice gesto privo di effetti pratici. Anche se tutti gli imprenditori e i capitalisti dovessero seguirne l'esempio, guerre e alcolismo non scomparirebbero. Come accadeva nell'età precapitalistica, i governi produrrebbero le armi nei propri arsenali e i bevitori distillerebbero i propri liquori.

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